domenica, novembre 08, 2015

Heinrich Himmler [La Voce dei Nostri Antenati] - La Biancaneve Pagana e la Regina Cattiva il Cristianesimo

Sono lì appese al muro, centonovantasei piccole placche in cornici ovali e dorate. E ce sono ancora alcune che avrebbero dovuto esserci. Tutte le cornici delle linee superiori mostrano soltanto un nome con un paio di date su carta bianca. 
Ma nelle linee inferiori diventano vive. I ritratti cominciano più o meno nel periodo della Guerra dei Trent’Anni. Sono fini miniature, dipinte con attenzione con un pennello a punta, sull’avorio che si è ingiallito da molto tempo. 
Non si può fare a meno di pensare alla difficoltà che l’artista deve aver incontrato nel catturare queste caratteristiche orgogliose e severe con il suo soffice pennello di peli di martora. Tutti i colletti bianchi increspati, il pizzo, le maniche rigonfie e sui “gentiluomini” gli jabot hanno un effetto frivolo in questi ritratti che risalgono all’inizio del diciottesimo secolo. “Signore”? “Signori”? No, difatti! Nonostante il velluto e la seta non c’è né una “signora” né un “gentiluomo” tra di loro. Sono tutti uomini e donne – e questo dice molto di più del “gentiluomo” di oggi. 
Perché loro, quelli sul muro, che vivono ancora nei loro ritratti – erano liberi! E’ questo a cui siamo arrivati, a dover esiliare i nostri antenati in ritratti o in dati vitali sul muro in modo da dar loro una vaga presenza nelle nostre offuscate memorie. Antenati? Le persone oggi non conoscono nemmeno le date di nascita e di morte di loro genitori. Naturalmente, sono scritte da qualche parte. C’è da stupirsi se qualcuno sa qualcosa di suo nonno, per non menzionare il proprio bisnonno. 
Per quanto riguarda il bis-bisnonno, non ci si pensa nemmeno, come se non fosse mai esistito. Prima – molto prima – le cose erano diverse. Accadeva prima che le parole diventassero soltanto una merce, usate per inventare bugie, quando un uomo viveva ancora secondo la sua parola; quindi non era necessario scrivere e registrare i propri antenati. Era un tempo in cui il flusso di sangue vitale da figlio a padre, da padre a nonno, e da bisnonno a bis-bisnonno non era ancora stato strozzato. Non era ancora affondato, come ha fatto oggi, così in basso sotto tutti i valori alieni che stanno nella mente e nell’anima, che la maggior parte di noi non può più sentire il suo fruscio, anche nell’ora più quieta. Una volta l’intero passato dimorava nel cuore delle persone in vita. E da questo passato il presente ed il futuro crescevano come rami forti di un albero sano. Ed oggi? Ridono alle fiabe del nostro Popolo, non le comprendono nemmeno. Nonostante ciò, quello che rimane in noi dal “C’era una volta” delle nostre fiabe serve come ricordo, come un dito che ci mostra la via indietro nei millenni del nostro grande passato. 
Credete che non ci sia alcun uso per ciò che è passato ed andato via? Non ha senso! L’uomo nel cui petto il “C’era una volta” della sua razza non è più vivo – non ha nessun futuro che gli appartenga veramente. Quanto tempestiva sarebbe l’apparizione di un uomo che ci insegnasse nuovamente il significato delle nostre fiabe, e che ci mostrasse che la nostra battaglia per la libertà della terra che ci ha sostenuto era anche la lotta dei nostri antenati, cento o mille anni fa!

Sapevate che quando avete letto di Biancaneve e della Regina Malvagia che veniva dalle montagne, che tali montagne che ella dovette attraversare ogni volta che venne per uccidere Biancaneve erano le Alpi, e che la Regina venne da Roma, il nemico mortale di ogni cosa Nordica? Pensate alla domanda Quotidiana della Regina: “Specchio, specchio delle mie brame, chi à la più bella del reame?”. Quando pensate a questa frase pensate a Roma, che non ha riposo finché ogni cosa di Nordico, luminoso e gioioso venga sterminato, e resti soltanto oscurità – oscura come la Regina malvagia nella favola, in modo che possa essere la più bella di tutte le terre, dopo che ogni cosa di bianco sia morto. 
Ciò che venne oltre le montagne del sud non aveva eguali. Ogni cosa dovette inchinarsi davanti a lei e baciare i suoi piedi. Quando la regina venne oltre le Alpi la prima volta, vestita come una venditrice da una terra lontana, offrì a Biancaneve un corsetto stregato – stregato perché era straniero. Quindi lei strinse i laccetti così stretti che Biancaneve soffocò e cadde. Gli emissari di Roma legarono lo spirito Nordico nei confini soffocanti di concetti alieni e parole ingannevoli. 
Ma il rovinoso piano della regina non ebbe successo. I nani – gli spiriti buoni del Popolo – arrivarono e liberarono Biancaneve. I Frisoni schiacciarono gli emissari di Roma che cercarono di rompere la forza del nostro popolo con le loro dottrine di miseria e servitù. Per quasi mille anni le tribù Nordiche lottarono contro il veleno del Sinai, che gradualmente fece marcire il loro sangue. 
E quando la vana regina fece la domanda al suo specchio, la risposta fu: “… ma Biancaneve, sopra le sette montagne con i sette nani è mille volte più bella di te.” Guidata dalla sua gelosia senza fine, la regine giunse sulle montagne innevate delle Alpi con un nuovo inganno. Offrì a Biancaneve un magnifico e scintillante Pettine, la cosa più esotica che avesse mai visto. Il “Sacro Romano Impero” deviò la volontà di azione Nordica lontano dal suo corso naturale; uno dopo l’altro, i leader Nordici sono caduti a Roma e le conseguenze furono delle rivolte, e la legge Romana nella nostra terra, che ha incatenato il nostro orgoglio Nordico. Cominciò con Carlo, l’eternamente maledetto Franco, assassino di Sassoni. Da Aller a Verdun il sangue del più nobile dei nostri popoli è nelle sue mani. Come riconoscimento delle sue gesta, i sacerdoti Romani conferirono a Carlo il titolo di “Magno”. 
Silenti per sempre sono le labbra del nostro Popolo che nominò questo abbietto Franco, “Carlo l’uccisore della Sassonia”! 
Nonostante ciò, lo spirito Nordico non si è rotto; la regina Malvagia non era ancora la più bella del reame. E quindi, venne per una terza visita e presentò Biancaneve con una mela rossa ma avvelenata. Il primo morso si fermò nella gola di Biancaneve e la fece svenire come se fosse morta. Questa mela simboleggia il rifiuto della nostra natura, l’abbandono delle maniere tribali. “Come morta” dice la fiaba, riconoscendo l’enorme forza che sonnecchia nel nostro popolo, riconoscendo che un giorno verrà la grande ora quando tale forza getterà via con forza le catene del Sinai. E’ già arrivata questa ora tanto attesa? 
“Biancaneve” non è altro che una delle centinaia e centinaia di racconti Nordici antichi che ci ricordano, con molte immagini diverse, delle difficoltà, dell’oppressione e della profonda saggezza dei nostri antenati.

E quando Roma scagliò la sua frusta sulla nostra terra, annientando senza pietà ogni manifestazione genuina della nostra natura, i nostri saggi antenati intrecciarono in questi racconti, usando simboli colorati ed allegorie, un’eredità del nostro patrimonio. Ma l’influenza di Roma si estese ai nostri racconti  ed alle nostre saghe, falsificandole, dando loro nuovi significati e rendendole vantaggiose per il dominio Romano. Quindi, accadde che il nostro popolo non potesse più comprendere la voce dei nostri antenati, e che andammo alla deriva per molti secoli, diventando sempre più alienati dalle nostre maniere e schiavi di Roma, e quindi di Giuda. Solo chi porta la sua stessa anima, viva e bruciante nel suo petto, è un individuo – un maestro. 
E chi abbandona la sua stessa specie è uno schiavo. La chiave per la libertà sta dentro di noi! Ora dobbiamo prestare attenzione nuovamente alla voce dei nostri antenati, e proteggere la nostra essenza da influenze aliene, proteggere ciò che vuole crescere nelle nostre anime. L’uomo che brandisce il potere che risiede in lui è più forte di ogni esercito! 
Riflettendo, guardo alle lunghe file dei miei antenati. L’ultimo membro risale a così tanto tempo fa che ne restano poco più che un nome ed una data su un foglio di carta. Ma ancora le loro voci sono vive nel mio sangue, perché il loro sangue è il mio sangue. 
Penso come i monaci che parlano Francese vennero dalla Svizzera per convertire i nostri padri, i Goti ed i Vandali. Perfino i loro mortali nemici, i Romani, dissero: “Dove ci sono i Goti, governa la virtù. E dove ci sono i Vandali, perfino i romani diventano puri.” 
Ed a tali uomini vennero offerti i comandamenti dal Sinai come luci guida per le loro vite! Potete capire perché questi uomini risero quando sentirono questi comandamenti, che chiedevano di non commettere atti che loro non si erano mai sognati di commettere? 
Potete capire che alzarono le loro spade con rabbia quando i monaci dissero loro che erano “nati nel peccato” – i migliori Goti, il cui nome significa “I Buoni”? 
Non riuscite a comprendere l’indicibile disprezzo con cui questi uomini nobili guardavano coloro che gli promettevano una ricompensa nei cieli per essersi astenuti da fare cose che, secondo la loro natura, erano inferiori alla dignità anche degli animali? 
A tali uomini vennero portati i comandamenti; uomini infinitamente superiori in dignità e moralità umane ai monaci che li portarono. Perché innumerevoli generazioni che sono vissute sopra alla base morale su cui i comandamenti del Sinai operavano allora. Migliaia di anni prima del tempo di “Cristo” che i monaci sostenevano di rappresentare, i nostri antenati avevano piantato il seme della cultura e delle civiltà in tutto il mondo nei loro fruttuosi viaggi e spostamenti. Quando contemplo i piccoli ritratti e vedo nei loro visi seri e composti l’espressione dei miei antenati, di cui non si ha più notizia di questi tempi, sembra di essere scesi da una lunga scala, una scala che dobbiamo ancora risalire.

Oggi raramente possiamo anche solo sembrare di essere come erano loro. Erano in rapporti intimi con il Padre e non dovevano chiamare degli intermediari con l’aureola quando volevano parlare con lui. Ed anche allora, non sapevano come elemosinare; erano troppo forti, troppo orgogliosi e troppo sani per supplicare. 
Le benedizioni per cui si prega non sono vere benedizioni! Non volevano alcun dono; inoltre avevano già ogni cosa che volevano o, se gli mancava qualcosa, lo ottenevano da soli. Il loro credo era una dicitura breve come un battito di ciglia e chiara e profonda come un fiume di montagna: “FAI BENE E NON AVER PAURA DI NESSUNO!” 
Per quanto riguarda la loro religione, non c’era alcun bisogno di metterla per iscritto, perché si adattava ad un popolo che era di natura frugale con le proprie parole. Portavano la loro conoscenza spirituale nel profondo della loro anima; gli serviva come l’ago di una bussola che mantiene sempre la nave sulla propria rotta. 
Non c’era una religione migliore di una che dovesse essere scritta in un grosso libro, in caso fosse dimenticata – e che non si poteva ben comprendere a meno che non venisse un prete ed interpretasse cosa c’era scritto? Ed anche allora, era necessario un atto di fede per credere che questa intricata interpretazione fosse corretta. 
Ai loro tempi, la fede proveniva dal sangue ed era la conoscenza. Oggi si deve imparare, perché una fede aliena, che non è in grado di mettere le radici nel nostro sangue. Il suo dogma e la sua dottrina che nessuno può conoscere, la maggior parte di noi silenziosamente rinuncia ed esso, perché è contrario alla natura ed alla ragione. Ditemi – siamo diventati migliori da quando abbiamo preso questa nuova religione? Una grande tristezza senza parole risiede nel petto di molti di noi, un senso di disperazione senza confini, perché la maniera dei nostri antenati sopravvive eternamente nel nostro sangue Nordico come un sogno. 
Noi vogliamo, ancora una volta, essere liberi dal peccato – come lo erano i nostri antenati. Siamo stanchi di essere umili, piccoli e deboli e tutte le alte cose che ci vengono richieste da un dio che disprezza le sue stesse creature e guarda al mondo come un ricettacolo di corruzione. Vogliamo essere nuovamente orgogliosi, grandi e forti, e fare le cose da soli! 
Quanto sono diverse quelle facce sul muro dalle facce di oggi! Se solo uno guarda molto da vicino trova ancora una traccia di questa purezza di caratteristiche nella generazione attuale. 
Ciò che viveva in maniera così dominante nei nostri antenati che è mostrato nei loro volti è scomparso del nostro sangue verso i nostri sogni. E’ per questo che le facce ingannano così spesso, oggi. Molte persone il cui colore dei capelli e degli occhi viene da sud, hanno ancora la maggior parte del loro sangue da padri Nordici. E molti che appaiono dimenticati negli ultimi duemila anni hanno capelli chiari ed occhi blu o grigi solo come maschera ingannevole, perché il loro sangue non ha alcuna traccia dei loro padri dalle Terre del Nord.

Uno ha aspetto straniero e mantiene il suo sangue Nordico. L’altro ha preso il sangue straniero e mantiene la faccia Nordica come maschera illusoria. Quale è meglio? 
Oggi si deve guardare negli occhi di una persona e vedere se siano o no ancora fissi, brillanti e astuti. 
L’anima viene illuminata attraverso gli occhi e non inganna. C’era più di un ribelle fra quelli sul muro, e uomini che lasciarono la casa; molti rifiutarono di piegarsi a quelli con il potere. Queste persone non poterono essere ingannate. Preferirono la povertà all’estero piuttosto che la sottomissione a casa. Ma non rimasero poveri a lungo. Le persone che andarono all’estero seguirono l’instancabile flusso del loro sangue, che non diede loro riposo finché trovarono se stessi; rifiutando ciò che gli era estraneo e seguendo la linea di sangue dei loro avi, divennero così consci i legami nella catena degli antenati, chiudendo il grande cerchio di parentela. 
Quando qualcuno di questi tornò nuovamente a casa – e tutti ritornarono – era diventato un uomo calmo, completo. E’ difficile descrivere tale qualità di completezza. Se altri stanno balbettando nella confusione, ed un tale uomo pronuncia sommessamente solo un paio di parole, allora tutti gli altri capiranno e diventeranno calmi ed attenti. Ed un tale uomo non fa domande; sono gli altri che chiedono a lui! Guardate i loro occhi; proprio come erano maestri della vita, avevano rapporti profondi con la morte. 
Per loro la morte era una fedele compagna. Gli stessi occhi appaiono fra di loro anche nelle generazioni più recenti. C’è uno di loro, Erik era il suo nome e cadde a Kemmel. L’elmetto di ferro sulla sua testa sembra parte di lui. La sua bocca è una linea dura, diritta. Ma i suoi occhi di vent’anni brillano di una risata silenziosa. E con questa risata, estranea alla sua bocca, ed un occhiolino, salutando con il suo pugno contro il petto, invitandola mentre egli avanza, Erik salutò la morte. Non posso immaginare questo Erik in ginocchio con voce remissiva, pregando qualche dio delle nuvole per aiuto e pietà. 
E’ così che lo dipingo: balzando da posizione accovacciata e con un urlo fiero affondare la sua grande spada in un nemico che lo incalzava – quindi, sempre nello stesso balzo, essere colpito da una freccia e collassare di nuovo al suolo con il suo ultimo pensiero “Ho fatto del mio meglio per la Germania!” 
Erik prese il calice l’amaro con una risata fiera e lo bevve tutto in un solo sorso senza una smorfia. E probabilmente picchiò il calice con un’unghia in modo che tutti potessero sentire che era vuoto. 
Non pregava “Padre, lascia che questo calice passi oltre a me.” Lo raggiunse e lo afferrò da solo, perché sapeva … ogni cosa necessaria è buona! Sotto al ritratto di Erik c’è il suo motto, scritto con la sua mano chiara e ferma: “Lascia che un uomo sia nobile, benevolente, leale e buono.” Questo non dice molto di più di quei comandamenti che Mosè ha dato alla folla depravata nel deserto, in modo da far sì che questa folla capisse i rudimenti dell’umanità? I Comandamenti erano appropriati per quel mucchio Ebraico. Anche gli Egizi li hanno espulsi dalle loro terre.

Anche come schiavi gli Ebrei erano troppo maligni ed infettarono la vita Egiziana. Gli Ebrei – il popolo prescelto da dio! E’ ridicolo come tutti lo prendano sul serio. Un comandamento presuppone una trasgressione. Si può riconoscere dalla mera necessità di tali comandamenti (che non chiedono altro che il comportamento più crudo per sostenere il nome “esseri umani”) a quale tipo di creature siano stati dati, creature realmente titolate ad essere definite non più che la sola parvenza di esseri umani. 
Per l’uomo del Nord questi comandamenti erano un offesa, un imperdonabile insulto al loro sangue sacro. 
Quindi, sorse dalla bruciante indignazione del sangue Nordico un Wittekind*, che ritornò ancora ed ancora per guidare il suo popolo alla battaglia contro le dottrine che provenivano dal Sinai. Perché tali insegnamenti sono un veleno mortale per il nostro sangue. Voi chiedete – quando Wittekind non tornerà più? Ascoltate: Wittekind morirà solo con l’ultimo uomo Nordico! Finché anche un solo Ariano vivrà, Wittekind è vivo ed il mondo non è al sicuro da lui! 
[*Wittekind era il Capo Sassone che guidò la resistenza contro Carlo Magno, Re del Sacro Romano Impero, che impose il Cristianesimo al popolo Tedesco. Wittekind era simbolo del Paganesimo Nordico e di ogni resistenza contro il dominio.] 
Settanta milioni di Ariani in questa terra gloriosa valgono più di ogni cosa che viene dal Sinai. Gli ultimi rimasti che sono ancora puri saranno nuovamente pronti quando la spada risuonerà sugli scudi e le trombe suoneranno l’ultima grande battaglia di questo miserabile millennio. 
Colui che dorme in piedi, il cui sangue è apatico ed amaro, non c’è gloria per lui! Sarà calpestato senza pensare sotto i piedi dei coraggiosi che si gettano nella battaglia in ogni strada delle madri patrie Ariane. 
Un’antica usanza della nostra specie è rimasta viva anche al giorno d’oggi in molti luoghi della nostra Terra del Nord. C’è stato un periodo in cui sembrava che questa pratica, tramandataci dai nostri antenati, sarebbe morta. Ma è stata resuscitata – ed è prossimo il tempo in cui il nostro grande e bellissimo popolo riconoscerà nuovamente il significato delle sue tradizioni e sarà reso saggio da esse. 
I nostri antenati davano ad ogni figlio un nome potente, pieno di gioia ed energia vitale. In realtà, diedero a lui solo in prestito il suo nome. E questo divenne una scintillante speranza per il bambino, molto più avanti di lui nel corso della sua vita. 
Il bambino teneva questo nome nella sua anima come il suo tesoro più prezioso, perché per lui era sia un risultato che una sacra responsabilità. 
Questo nome rinforzava l’anima del bambino man mano che si sviluppava fino ad essere un individuo conscio e maturo.

Quando il bambino era diventato un giovane, gli anziani della famiglia si radunavano per una festa, a cui essi decidevano se il carattere sviluppato dal giovane uomo fosse adatto al nome che gli era stato dato. Se si capiva che l’uomo ed il nome erano in armonia, allora il suo nome gli veniva dato per la vita. Diversamente, il giovane uomo sceglieva un nome adatto per lui che caratterizzava la sua natura. E quindi il suo nome aveva un peso pari ad una spada intarsiata con le rune, come la sua parola e la sua stretta di mano, come il suo sì ed il suo no. 
Nei tempi Cristiani i nostri antenati erano obbligati dalla nuova legge proveniente dall’estero ad adottare anche un altro nome; veniva scritto nel registro della chiesa, principalmente per il benefico del censore. Le autorità erano obbligate a scrivere il nome pagano di un uomo in vita accanto al suo nome cristiano senza carattere nel suo registro, che non divenne altro che una lista di fantasmi. 
In questi tempi l’uomo più retto e la donna più coraggiosa saltarono fuori dalla nostra razza. 
Mi avvicino alle file di ritratti e leggo i nomi. I più vecchi sono: Helge, Fromund, Meinrad, Markward, Ran, Waltari, Eigel, Asmus, Bjoern. Nomi particolari, non trovate? Sono nomi nati dal grande linguaggio del nostro popolo. Non c’è nulla di straniero in essi, nessun suono spurio. Suonano giusti ad orecchio. Questi nomi hanno il sapore del mare salato, della terra pesante e fruttuosa, dell’aria e dello splendore del sole –  e della patria. Lo avete notato? 
Pochi lo noteranno – troppo pochi. Il loro stesso linguaggio è diventato straniero per loro e non ha più nulla da dirgli. Dopo queste prime file i nostri antenati cominciarono a chiamare i loro figli Gottlieb, Christian, Farchgott, Leberecht, Christoph (che significano: amante di Dio, adoratore di Cristo, che teme Dio, che vive giusto, portatore di Cristo) … Più tardi vennero i nomi Paulus, Johannes, Petrus, Christophorus, Korbinianus, Stephanus, Karolus. In quegli anni i nostri antenati non avevano altri nomi. Percepito come qualcosa sia stato rotto in questi uomini, come sono diventati alienati dalla loro stessa natura? Sentite quanto va in profondità la scala? 
C’è un destino bloccato nella trasformazione di questi nomi. Non è il destino di un individuo o di un clan, ma di un intero popolo – il nostro Popolo. Ma poi è accaduto qualcosa di strano. Le persone che sono state chiamate Karolus e Paulus dai loro padri improvvisamente videro questi nomi come noiosi, alieni, inadatti, ridicoli. Ed ora arriva la generazione che andò nella Grande Guerra. I nomi con le piccole croci di ferro dietro alle date in cui caddero – appena 20 anni o anche meno dalla loro data di nascita, si leggono: Jochen, Dieter, Asmus, Erwin, Walter. Roland, Georg... Questi sono I nomi che ancora oggi abbiamo. 
E quali sono i nomi dei nostri più giovani, quelli che portano i loro nomi nel terzo millennio dopo il tempo della auto-clemenza Nordica? Gerhardt, Hartmut, Deitrich, Ingo, Dagwin, Guenther, Hellmut, Gernot, Dagmar, Ingeborg, Helga... La Grande Guerra ha fatto questo? I nomi raccontano la storia. 

Pochi uomini indossano finimenti sacerdotali. Ma il pittore ci ha dato un indizio. E chiunque sappia trovare questo indizio può vedere se il forte cuore dell’uomo sia tanto o poco oscurato dalle ombre delle vesti nere che indossa. 
I dipinti sono tutti dei ritratti a mezzobusto, tuttavia in uno di essi l’artista mostra una mano. E’ una mano forte, nerboruta, del tipo che potrebbe guidare una nave in una tempesta. 
Il libro nero in mano sua sembra un frivolo giocattolo. Tale mano non benedice un nemico; lo schiaccia. Il suo nome è Frith. Questo è uno strano nome per un prete. “Frith” significa “ladro di pace”. Un altro ritratto mostra un uomo con capelli grigi e spazzati dal vento. Ha un naso aquilino e nei suoi occhi si percepisce una visione illimitata. Ran ha davvero chinato la sua testa in rimorso, pentimento ed umiltà? Ha davvero disprezzato il mondo e riposto la sua fiducia in un altro potere oltre al suo? 
So perché il destino ha ordinato che questi uomini indossassero le vesti nere; se non fosse stato per loro, oggi nel Nord ci sarebbero molti meno pagani; senza di loro ci sarebbero stati molti altri che avrebbero scambiato la loro immagine di Dio con quella di un dio alieno e sarebbero diventati stanchi della loro stessa forza e del mondo; e molti altri sarebbero stati sedotti dalla dottrina aliena per diventare suoi schiavi e dimenticare il loro stesso sangue.  
Essi sono dei veri santi, perché hanno preservato intatti i loro sé interiori, nonostante la tonaca. Hanno lottato contro il nemico con le sue stesse armi. Le persone li chiamavano “PAGANI”. Alcuni furono così orgogliosi di questo titolo che lo incorporarono nei loro nomi, come se indossassero un gioiello prezioso. Perché il pagano è uno che rimane leale con sé stesso e con la sua specie, il cui sangue scorre puro nelle sue vene. E questo sangue puro guarda al mondo né con l’odioso ghigno del Sinai né sulle deboli ginocchia di Nazareth. Nel suo flusso rosso porta divinità, pura, chiara e bellissima, fintanto che dura la razza. Nessuno di questi uomini ha mai desiderato dio. Uno non cerca ciò che possiede nella propria anima. 
Nessuno di questi uomini è stato mai lacerato da un dubbio sul divino. Solo colui che tradisce la stessa divinità ed offre la sua anima ad un dio alieno conosce tale dubbio. Il dubbio è eterno dove c’è l’eterno alieno, e quindi l’eterno sconosciuto. 
Il Cristiano dubita in eterno. 
Può ogni uomo che è sleale con se stesso essere leale? Può ogni uomo consumato dal desiderio di ritornare alla polvere essere grande? Può ogni uomo che ama la debolezza essere forte? Può ogni uomo che vaga nell’umiltà essere orgoglioso? Può ogni uomo che vede se stesso come nato nel peccato essere puro? Può ogni uomo che disprezza il mondo essere felice in questo mondo? E può ogni uomo che disprezza la Creazione divina portare il Creatore nella sua anima? 
Che strano dio che avete voi Cristiani, che vi ha creato retti, ma vi ordina di piegarvi al lui sulle vostre ginocchia!

Noi pagani non chiediamo la carità al nostro Creatore; sarebbe un insulto alla divinità nella nostra anima. 
Né noi pagani andiamo dal Creatore per lamentarci. Non proclamiamo i nostri fallimenti al mondo e meno ancora al nostro Creatore. Cerchiamo di superare i nostri difetti e di crescere. 
La nostra maniera non è la lamentela, ma la rabbia – e prima di tutto rabbia verso noi stessi. Né ci pentiamo, noi pagani, perché non possiamo essere codardi; abbiamo il coraggio di supportare le nostre azioni. 
Perché voi cristiani avete reso il nome “Pagano”  un insulto? Non dovreste rivendere la vostra frivolezza nelle strade, perché permette alle persone di vedere che l’amore che vi viene ordinato di mostrare è ripieno di odio, e che la clemenza che richiede la vostra religione è carica del vostro desiderio di vendetta. Solo l’invidioso si piega agli insulti. Vediamo la vostra invidia e ci vergogniamo di voi, perché molti di voi sono ancora fratelli del nostro sangue. 
C’era un tempo in cui era una disgrazia essere un Cristiano. Ma poi avete cominciato a conquistare le masse e quindi avete potuto girare le carte e rendere la virtù una disgrazia. Poi ci avete chiamato quelli “strani” e ci avete chiamato pagani. Siamo rimasti “strani”, nonostante i vostri insulti. Non saremo mai una massa o un gregge. Sapete che ci sono anche molti tra di voi che sono “strani” come noi? Perché non gettate via gli stracci da mendicanti che coprono i  nobili finimenti della vostra razza umana? 
Vi vergognate di essere “strani”? Avete paura di essere chiamati pagani? Quando voi cristiani avrete finito di seppellire il vostro dio nei cieli – venite a noi; noi pagani vi mostreremo ancora il Creatore. E non pensate che siamo scesi a patti con voi Cristiani. Noi pesiamo in silenzio – ma non pesiamo con false misure. 
Non inganniamo il Dio che è in noi, perché non inganniamo noi stessi. E dato che abbiamo pesato con giustizia, così abbiamo calcolato, così saremo riconosciuti con giustizia da Dio per le nostre anime. Vedete, noi non ci pentiamo, perché non abbiamo nulla di cui pentirci. Al nostro valore non manca nulla. Abbiamo mantenuto e perseverato il nostro intero valore. Ed ora voi lo pesate! E quando avete pesato, calcolato e valutato, chiedete al vostro spirito invidioso quanto avete perso. Chi non ha peso nulla del suo valore è senza invidia – e senza odio per noi pagani. 
L’uomo meschino odia ogni cosa che gli sia superiore, mentre il grande uomo l’ammira. L’uomo meschino ha pietà di qualsiasi cosa sia inferiore a lui, mentre il grande uomo la disdegna, se merita il suo disdegno, o la aiuta a crescere.  
Là nella sua culla c’è mio figlio, che si protende gioiosamente verso i ritratti dei suoi antenati sul muro. 

Il suo sottile e sorridente agglomerato di vita è il prossimo passo del futuro della mia razza. Io ero l’ultimo passo. Lui è il prossimo. E dietro di me vedo il percorso della mia razza che scorre lungo i millenni finché si riduce con la foschia del tempo – perché le generazioni che vennero prima di quelle sul muro sono anch’esse reali. L’intero percorso della mia razza nel tempo non lo conosco – ma io so di essere vivo e so che io sono una maglia nella catena in cui nessuna maglia deve fallire, fintanto che il mio popolo vive. Altrimenti non ci sarei mai stato. Per generazioni un libro fatto a pergamena è passato di mano in mano attraverso la mai famiglia. Lo apro e scrivo su una pagina ingiallita per mio figlio: “La tua vita non è di questo giorno né di domani. E’ dei migliaia di anni che vennero prima di te e nelle migliaia di anni che verranno dopo di te. Durante le migliaia di anni prima di te, il tuo sangue è stato preservato puro, in modo che tu saresti stato chi sei adesso. Ora devi preservare il tuo sangue, in modo che tutte le generazioni delle prossime migliaia di anni ti onorino e ti ringrazino.” 
Questo è il significato della vita, che la divinità risveglia nel sangue. Ma solo nel sangue puro esso vive! 
Di chi ho parlato? Dei miei antenati? Sono solo un simbolo del Popolo di cui io sono una parte vivente. 
A chi ho parlato? A mio figlio? Mio figlio è solo una parte del mio Popolo. La saggezza di un migliaio di generazioni dorme in te. Risvegliala ed avrai trovato la chiave che aprirà le porte delle tue aspirazioni più vere. Solo chi ha stima di se stesso è degno di essere un uomo. 
E’ un uomo solo chi porta il passato vivo ed il futuro in se stesso, perché solo lui è capace di esistere oltre all’ora presente. E solo chi è maestro del presente ha successo; lui solo è realizzato. Perché solo nella realizzazione c’è la divinità. Questo dice la Voce dei nostri Antenati.