mercoledì, maggio 27, 2015

Pan Il Signore Del Panico

Nella cultura greca, tutte le emozioni, le virtù o i vizi, le capacità o le debolezze degli uomini venivano rappresentati attraverso specifiche divinità. Gli antichi non giudicavano mai le emozioni e i sentimenti, ma vivevano in comunione profonda con se stessi e queste forze incarnate dalle divinità... Ognuna di queste divinità rappresentava una "forza", una particolare virtù che in genere manca o è affievolita nella persona che soffre di panico. Pan è l'incarnazione di questa forza che scuote e travolge.
La radice etimologica della parola "panico" rimanda a Pan, l'erabondo Dio, signore delle selve, che incuteva ai profanatori dei boschi una paura distruttiva e immobilizzante. La parola panikòs (che discende dalla radice pan, "tutto", secondo un'interpretazione del nome di Pan) traduce proprio questa forma di terrore totalizzante, irrazionale e paralizzante, che coglie di sorpresa e invade la mente e il corpo in modo incontrollabile: una tempesta emotiva che esplode senza giustificazione e trascina la persona in un "attimo d'infinito", in cui il soggetto si affaccia suo malgrado su una dimensione illimitata, sovrumana e fuori dal tempo. 
La simbologia legata a Pan, in effetti, ha moltissimi punti di contatto con le cause e le manifestazioni dell'attacco di panico. Prima di tutto, Pan vive nella selva: un luogo oscuro dove la ragione si perde e il cuore, a volte, si risveglia alla vita. Nella simbologia antica, la razionalità è simboleggiata dal giardino, l'inconscio è la selva incolta. Il primo è un ambito circoscritto e recintato, in cui alberi, fiori ed erbe crescono in spazi predeterminati e sono irrigati, curati, potati con ordine secondo le regole della coltivazione. Al di fuori del giardino urbano invece la vegetazione comincia a crescere disordinata, seguendo solo la legge della natura, che non privilegia l'orchidea rispetto all'edera, la margherita nei confronti dell'ortica. Ancora più in là c'è il bosco oscuro, dominio di pulsione e istinto, inseguimento, fuga, eros e morte. Non a caso, James Hillman, nel suo saggio su Pan, afferma proprio che "il mito greco pose Pan come Dio della natura" e che "questo Dio è tutt'ora vivo, anche se lo sperimentiamo soltanto attraverso dei disturbi psicopatologici, perchè gli altri suoi modi di manifestarsi sono andati perduti nella nostra cultura". La visione panica dell'uomo dice che anche l'uomo è pura natura, e che anche in lui risiedono le eruzioni vulcaniche, gli attacchi e i tifoni distruttivi. 
La crescente incidenza degli attacchi di panico nella nostra società, dominata dall'esigenza di avere sempre tutto sotto controllo, rivela proprio questa incapacità di lasciarsi andare, la refrattarietà nei confronti dell'ebrezza della sana follia di cui il Dio delle selve è ambasciatore. Ma Pan, se non viene ascoltato e riconosciuto, si vendica. Facendoci stare male.
Pan è anche "colui che guarda", che scruta da dietro una siepe o un albero, è il simbolo dell'istinto che silenziosamente vigila sulle azioni degli uomini, prima di esplodere con tutta la sua energia dirompente.
La presenza di Pan nella nostra psiche è quindi di vitale importanza. La selva di Pan (che di fatto è il simbolo dell'universo, pan, il tutto che comprende il cosmo e le creature) è anche un luogo di energie primoridali, pochè accoglie in se l'eterno divenire del mondo. Bonificando la selva con l'idea di creare un ambiente più controllabile e civilizzato, l'uomo la allontana dalla propria coscienza. Per dominare l'ambiente naturale, l'essere umano se ne distacca sia fisicamente sia spiritualmente e ne teme il ritorno, con le sue insidie e i suoi misteri. Il mondo ha perduto le dimore di Pan, i boschi, le montagne sacre; e le loro antiche energie sono sprofondate negli abissi della memoria. Al posto del grande Pan vi è il suo rimpianto e gli istinti sempre in agguato oltre il dominio della ragione, che tenta in ogni modo di metterli a tacere.
Eppure in questo bosco lontano dalla città civilizzata e governata dalle leggi degli uomini, un genio impercettibile suona dall'alto o dal profondo della terra una musica destinata ai migliori dei mortali. Questo genio è Pan, che regala vitalità con il suo flauto, una vitalità che è soprattutto pulsione sessuale. Pan, in effetti, è un Dio con una forte connotazione erotica, e amava sia donne sia uomini (è una divinità bisessuale) proprio perchè la carica sessuale è la base del sapere, dell'arte, della scienza. Non a caso, il secondo significato simbolico di Pan è collegato ai concetti di eccesso e di estasi. 
Pan per sua natura devasta i sensi: quando si manifesta, tutto quello che si è sempre ipotizzato come giusto a livello razionale viene smontato dall'istinto in maniera travolgente. Pan non si può far strada gradatamente nell'uomo, ma lo riconduce alla sua natura divina, sconvolgendolo nel profondo. Per questo motivo "l'attacco di panico" cioè "l'attacco di Pan", rappresenta la coscienza umana che cede davanti all'agguato dell'istinto. L'attacco di panico arriva perchè aspiriamo a un'idea di giusto, ma per il Dio Pan giusto e sbagliato non esistono. Pan è anche l'istinto animalesco: è un Dio potente e selvaggio, rappresentato con zampe irsute, corna caprine e zoccoli, mentre il busto è umano, il volto barbuto dall'espressione sarcastica. Eppure è proprio quest' animale, per sua natura sporco, libidinoso, depravato, sfrenato e artefice di tutti i peccati, che costituisce il centro di tutte le manifestazioni che portano alla realizzazione di se stessi. E non ha nemmeno una precisa connotazione sessuale, visto che fonde dentro di sé tratti istintivi tipicamente femminili e un'irruenza fisica squisitamente maschile.
Perchè i quattromila guerrieri della piccola polis di Atene, impegnati contro un milione di Persiani agguerriti durante la battaglia di Maratona chiedono aiuto proprio a Pan? Perchè il panico, che solo questo Dio sa scatenare, è repentino e induce i soldati dell'esercito avversario a una fuga rovinosa. In preda al terrore, infatti, i Persiani credono di vedere nemici ovunque e non si accorgono della presenza di Pan, che si aggira tra i militari in uniforme da sodato, con le zampe caprine nascoste dai gambali e le corna coperte dall'elmo. A proposito di "terror panico", anche Pausania scrive che i Galli, scesi nel Peloponneso per conquistare la Grecia, quando scorsero nel tempio di Delfi una statua di Pan rimasero così sconvolti che si diedero alla fuga. Come Pan può far perdere, così può anche far vincere, trasformando la paura in coraggio. Infatti, per rincuorare gli Ateniesi a Maratona suona il suo armonioso flauto a sette canne e ne placa gli animi, rasserenandoli ed esortandoli al coraggio prima dello scontro finale.

Fonte: Vincere il panico - R. Morelli, V. Caprioglio